martedì 9 dicembre 2008

Verso lo sciopero del 12 dicembre

Il Circolo di Santa Marinella aderisce allo sciopero del prossimo 12 dicembre e invita tutti i cittadini a partecipare ai cortei a Roma.
Di seguito la piattaforma proposta dal nostro Partito:

Abbiamo lavorato con determinazione in queste settimane alla riuscita dello sciopero generale del 12 dicembre attraverso diverse iniziative: una campagna di volantinaggi davanti ai posti di lavoro e nei territori, la costruzione di incontri, assemblee, dibattiti. E' un impegno che va rafforzato e intensificato in questi giorni. La riuscita dello sciopero del 12 dicembre è con tutta evidenza decisiva. Perché si esprimano tutte le potenzialità dell'opposizione alle politiche del Governo e di Confindustria, perché venga battuto l'attacco all'autonomia e al ruolo del sindacato, per la possibilità di costruire un movimento duraturo e generalizzato in grado di prospettare una discontinuità profonda, un'uscita a sinistra dalla crisi. E sono molte le dinamiche positive che si sono determinate: la scelta del movimento per la scuola e l'università pubbliche di contribuire a costruire attivamente le mobilitazioni, la positiva convergenza dei sindacati di base nella data indicata dalla Cgil.
Bisogna essere consapevoli tuttavia anche delle difficoltà. A partire da quella più grande determinata dal dispiegarsi della crisi. In una situazione in cui le prossime settimane vedranno la sostanziale chiusura delle fabbriche con la moltiplicazione delle realtà in cassa integrazione, non è semplice scioperare: percepire l'utilità dello sciopero di fronte alla prospettiva di settimane di inattività forzata, rinunciare ad un giorno di stipendio avendo davanti un futuro segnato dalla decurtazione di salari già miserrimi, con l'accresciuta incertezza sul mantenimento del posto di lavoro. Scioperare il 12 comporta un livello di consapevolezza molto elevato sullo scontro in atto. In una situazione in cui la risposta delle lavoratrici e dei lavoratori sarà determinante come non mai per la misurazione dei rapporti di forza esistenti nel nostro paese.
La retorica profusa in questi giorni dal Governo sull'unità e la concordia nazionale necessarie per affrontare la situazione ha uno scopo evidente: cercare di impedire che si determini consapevolezza a livello di massa sulle responsabilità della crisi ed insieme nascondere il carattere profondamente regressivo delle politiche in atto, l'obiettivo che esse hanno di utilizzare la crisi per determinare un arretramento generalizzato delle relazioni sociali nel nostro paese.
Si tratta non solo di demistificare i recenti provvedimenti del governo Berlusconi, ma di evitare che si determini nel dibattito pubblico la rimozione dei contenuti complessivi dell'iniziativa che il governo ha messo in campo sin dal suo insediamento. Una manovra che prevede nel triennio 5 miliardi di tagli alla sanità, con l'accumulo complessivo di un indebitamento di 35 miliardi a carico delle regioni per il divario tra spesa prevista e finanziamento statale, un intervento devastante su regioni ed enti locali, chiamati a "concorrere" agli obiettivi di bilancio con quasi 8 miliardi per quel che riguarda le regioni, e oltre 9 miliardi per quel che riguarda comuni e province, i 9 miliardi e mezzo di tagli a scuola e università, mentre parallelamente è senza precedenti l'attacco al pubblico impiego, sul versante salariale, dei diritti, nel licenziamento dei lavoratori precari.
Una politica che attacca il lavoro a colpi di ulteriore pesante deregolamentazione, precarizzazione, frantumazione dei diritti: dalla dilatazione del lavoro a termine, al ripristino del lavoro a chiamata, alla destrutturazione di interi settori attraverso il lavoro accessorio. Dalla riscrittura del processo del lavoro per attaccare nuovamente l'articolo 18 agli annunci sull'ulteriore limitazione del diritto di sciopero.
Non si tratta dunque dell'"inadeguatezza" delle misure assunte dal governo nel recente decreto, a cominciare dalla quota di risorse del tutto insufficienti messe a disposizione sul versante degli ammortizzatori sociali e del sistema di protezione contro la crisi. Si tratta di un disegno organico. Il fragile sistema di welfare del nostro paese è destinato ad essere massacrato dalle ricette di Tremonti e Berlusconi.
L'"intervento pubblico" del governo, nella crisi, si sostanzia di generose disponibilità a favore di un sistema creditizio di cui si lasciano inalterati assetti proprietari e meccanismi di funzionamento e nell'accelerazione delle grandi opere ambientalmente devastanti per consentire grandi profitti per pochi. Ma il pubblico si ritrae ulteriormente dalla garanzia dei diritti sociali: alla salute, all'istruzione, all'assistenza, mentre si rilancia il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali. Il disegno del governo è organico anche nel mettere in connessione l'attacco al sistema di welfare e ai diritti del lavoro, con la riscrittura del ruolo degli attori sociali: sindacato in primis. La riforma della contrattazione che continua ad essere obiettivo centrale di Berlusconi e Marcegaglia, vuole distruggere il contratto collettivo nazionale e puntare all'individualizzazione del rapporto di lavoro, distruggere il ruolo di rappresentanza del sindacato per trasformarlo in sindacato dei servizi e in soggetto complice delle imprese nella gestione di interi pezzi di stato sociale da cui per l'appunto il pubblico si ritrae. Il disegno è quello di un riassetto corporativo del complesso delle relazioni sociali.
Verso e oltre il 12 dicembre dobbiamo essere in grado di disvelare il senso profondo delle politiche del governo, far vivere i contenuti di un programma di alternativa, costruire organizzazione e conflitto sociale. Il futuro dipende anche da noi.

Roberta Fantozzi

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