mercoledì 25 febbraio 2009

Santa Marinella, e il povero sindaco

Sulla stampa di ieri (martedì) abbimo letto una cosa fantastica. L'ex giovane della politica (ma oramai politico di professione), il Sindaco Bacheca, apostrofava la capogruppo di un'altra città è possibile di "stalinismo anni 60"...
Che dire, nella bolgia revisionista che sta assalendo questa povera nostra Italia dove i rappresentanti della Repubblica antifascista rivalutano figure e storie di un passato fascista da dimenticare (come minimo) il povero Bacheca, che non avendo mai lavorato almeno avrebbe potuto studiare un pò di più, prova a rivalutare anche il vecchio Stalin che, ahilui, negli anni 60 era già passato dall'altare della storia alla condanna universale. OVUNQUE, persino nella sua Unione Sovietica....Anzi quasi ovunque... tranne che a casa del Sindaco
Quindi dire Stalinismo anni 60 non vuol dire assolutamente nulla! Praticamente Bacheca accusa Paola Rocchi di qualcosa che non c'era, quindi le da ragione. Non poteva dirlo direttamente.....
J.S.

domenica 22 febbraio 2009

Oggi sento la necessità di un partito organizzato e di farne parte

Scorro in internet la rassegna stampa: la Palestina non si trova più nelle prime pagine dei grandi giornali, tra le notizie importanti. Nessuna sorpresa: altre popolazioni martoriate non ci sono addirittura mai arrivate. Quasi per caso nella vecchia posta ritrovo alcune foto scattate a Tulkarem, tre anni fa, quando sono andata ad assistere alle elezioni con ragazzi e ragazze dei Giovani Comunisti; siamo in gruppo e sorridenti, qualcuno tiene il braccio sollevato, la mano stretta a pugno: un gesto identitario? Sono successe molte cose in questi tre anni; i social forum, che erano la nostra speranza, nati dallo spirito di Genova 2001, si sono per lo più disciolti come neve al sole; alcuni di quei ragazzi sono andati "oltre", dove non mi è chiaro e, quel che è peggio, temo non sia chiaro neppure a loro stessi. Siamo di fronte a una gravissima crisi economica frutto di venti anni di politiche liberiste che hanno precarizzato il lavoro, tagliato i salari e accresciuta la ricchezza di ladri ed evasori. Le fabbriche chiudono; i lavoratori continuano a morire. Non c'è sicurezza per loro. Rischia di scomparire il Contratto nazionale di lavoro, scompaiono cioè le garanzie collettive sui salari e sui diritti, conquistate in tanti anni di lotte. In cambio ricompaiono i manganelli contro gli operai, a Pomigliano, contro i lavoratori dell'Innse a Milano. Non c'è sicurezza per chi difende il proprio territorio, la vita dei propri figli: linea dura delle forze dell'ordine contro i No dal Molin a Vicenza, città d'arte con coprifuoco militare. Come in Valsusa, si pretende di gestire con la forza la pacifica contestazione degli abitanti. Ma la "grande informazione" non ne parla. Non c'è sicurezza neanche per le donne nelle vie delle nostre città e, soprattutto tra le pareti domestiche, perché non saranno certamente leggi più repressive, a difenderle, bensì una cultura più diffusa, una maggiore attenzione ai problemi delle persone, maggiore partecipazione alla vita nelle città. «Ser culto es el único modo de ser libre» , ricordava José Martí nell'ottocento, ma qui la cultura viene umiliata ogni giorno, la scuola pubblica impoverita: è meglio non allevare giovani cittadini capaci di pensare con la propria testa perché potrebbero un giorno diventare uomini e donne davvero liberi. Non c'è più neppure la speranza di poter morire in pace. In cambio ritornano le leggi razziali. Assistiamo quotidianamente a colpi di mano contro la giustizia e la civiltà: medici trasformati in spioni contro gli ammalati più poveri, tanto poveri da non possedere nemmeno un documento; legalizzate le ronde; proibito indagare negli affari di lorsignori. Vengono votate in Parlamento leggi ordinarie che svuotano di significato la Carta costituzionale. In questo panorama l'opposizione a volte cinguetta con la maggioranza, a volte balbetta; quello che un tempo era il blocco sociale della sinistra si va sbriciolando.
E allora io ho sentito, sento la necessità di un partito organizzato, e di farne parte. Un partito con le idee chiare. Che conosca le proprie radici e sappia anche riconoscere i propri errori; determinato a stare sempre dalla parte delle persone più deboli, sfruttate, derubate dei propri diritti, violentate nel corpo e nella vita. Voglio stare in un'organizzazione capace di discutere con forza al proprio interno e poi dichiarare apertamente quello che pensa e lavorare per raggiungere gli obiettivi individuati; capace di intervenire dove si apre un conflitto; e che quando decide di stare al fianco di grandi movimenti spontanei, come di piccole realtà, poi non li abbandona; capace altresì di denunciare le contraddizioni e di dare vita a nuovi conflitti. Voglio un partito determinato a risvegliare coscienze, disposto sempre a confrontarsi e a collaborare con altre organizzazioni, tutte le volte che è possibile; senza preconcetti ma senza nessun cedimento: un partito con le idee chiare, appunto. E voglio che il mio partito si faccia maestro e sappia fare scuola: deve sapere prima di tutto ascoltare i ragazzi e le ragazze, senza promettere facili carriere politiche ma insegnando con rigore sia la teoria come la pratica quotidiana. Perché è vero che moltissimi giovani sono nauseati dalla politica e pensano che non valga la pena di agire in una società come la nostra ma noi dobbiamo riuscire a dimostrare, come dicono le Madri argentine, che l'unica battaglia persa è quella che si abbandona. Ci riusciremo se sapremo essere onesti; se sapremo mettere da parte personalismi, leaderismi… Non si risale una montagna, non si conquista una cima da soli: si vince tutte e tutti insieme; ognuno con il proprio zaino, con il proprio carico di ricchezze e di errori, ma insieme.
Ecco, così penso alla mia Rifondazione. Ma se voglio davvero che sia sempre più così, e sempre più grande, ci devo stare dentro. E lavorare.

di Haidi Gaggio Giuliani

su Liberazione del 22/02/2009

domenica 15 febbraio 2009

Ancor a sulle foibe. Contro il revisionismo

Per meglio ricordare quale fu il contesto in cui si consumò quella tragedia utilizzo alcuni documenti ufficiali che testimoniano come quella vicenda era iniziata molti anni prima e non può rimanere avulsa dal suo contesto storico:

“Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.
Benito Mussolini, 1920

STRALCIO DELLE COMUNICAZIONI VERBALI FATTE DALL’ECC. Gen. ROATTA
NELLA RIUNIONE DI FIUME DEL GIORNO 23-5-1942:
“Il DUCE è assai seccato della situazione in Slovenia perchè Lubiana è provincia italiana. /…/
Anche il Duce ha detto di ricordarsi che la miglior situazione si fa quando il nemico è morto. Occorre quindi poter disporre di numerosi ostaggi e applicare la fucilazione tutte le volte che ciò sia necessario. /…/
L’Ecc. Roatta esprime il suo pensiero nei riguardi del sistema da usare per risolvere la situazione in Slovenia:
1) - Chiudere la frontiera con la provincia di Fiume e con la Croazia, specialmente nella zona di Gorjanci. /… /
2) - Ad oriente del vecchio confine sgombrare tutta la regione per una zona di una profondità variabile (3-4 km.). In tale zona sarebbe interdetta qualsiasi circolazione tranne che sulle ferrovie e sulle strade di grande comunicazione. Apposite pattuglie in servizio di vigilanza aprirebbero senz’altro il fuoco contro chiunque.
Il Duce concorda nel concetto di internare molta gente - anche 20-30.000 persone.
Si può quindi estendere il criterio di internamento a determinate categorie di persone. Ad esempio: studenti. L’azione però deve essere fatta bene cioè con forze che limitino le evasioni. /…/
Il C. d’A. in base alle direttive suesposte dovrà compilare uno studio, da presentare entro 3-4 giorni, dal quale risulti:
1) - zone da sgomberare dalla popolazione, indicando l’entità della popolazione da internare, suddivisa in famiglie (per categorie);
2) - quali altri provvedimenti sono ritenuti necessari;
3) - intenzioni operative nei vari stadi della situazione.
/…/
Ricordarsi che tutti i provvedimenti di sgombero di gente, li dovremo fare di nostra iniziativa senza guardare in faccia nessuno.

Solo per quel che riguarda la piccola Slovenia, nei lager italiani morirono 13.606 sloveni e croati. Nel lager di Arbe (sull’isola di Rab) ne morirono dai 1.500 ai 2.500 circa. I civili e partigiani “fucilati sul posto”, cioè durante azioni belliche, furono non meno di 2.500. 1.500 invece i fucilati civili trattenuti come ostaggi, uccisi cioè mesi dopo il loro internamento, per stanare le bande partigiane o per vendetta contro azioni verso i nostri militari. I morti per sevizie, torture, o bruciati vivi arrivano ad un totale documentato di 187. Ripetiamo: questo solo nella “provincia di Lubiana”, dove più numerose sono le documentazioni giuntaci.

S L O V E N I !
- Al momento dell’annessione, l’Italia vittoriosa vi ha dato condizioni estremamente umane e favorevoli.
Dipendeva da voi, ed unicamente da voi, di vivere in un’oasi di pace.
- Invece molti di voi hanno impugnato le armi contro le autorità e le truppe italiane.
- Queste, per un alto senso di civiltà ed umanità, si sono limitate all’azione militare, evitando misure che gravassero sull’insieme della popolazione ed ostacolassero la normale vita economica del paese.
E’ solo quando i rivoltosi sono trascesi ad orrendi delitti contro italiani isolati, contro vostri pacifici concittadini e persino contro donne e bambini, che le autorità italiane sono ricorse a misure di rappresaglia ed a qualche provvedimento restrittivo, di cui soffrite per causa dei rivoltosi
- Ora, poichè i rivoltosi continuano la serie di delitti, e poichè una parte della popolazione persiste nel favorire la ribellione, disponiano quanto segue:
1°) - A partire da oggi nell’intera Provincia di Lubiana:
- sono soppressi tutti i treni viaggiatori locali;
- è vietato a chiunque viaggiare sui treni in transito, tranne a chi è in possesso di passaporto per le altre provincie del regno e per l’estero;
- sono soppresse tutte le autocorriere;
- è vietato il movimento con qualsiasi mezzo di locomozione, fra centro abitato e centro abitato;
- è vietata la sosta ed il movimento, tranne che nei centri abitati, nello spazio di un chilometro dai due lati delle linee ferroviarie. (Sarà aperto senz’altro il fuoco sui contravventori);
- sono soppresse tutte le comunicazioni telefoniche e postali, urbane ed interurbane.
2°) - A partire da oggi nell’intera Provincia di Lubiana, saranno immediatamente passati per le armi:
- coloro che faranno comunque atti di ostilità alle autorità e truppe italiane;
- coloro che verranno trovati in possesso di armi, munizioni ed esplosivi;
- coloro che favoriranno comunque i rivoltosi;
- coloro che verranno trovati in possesso di passaporti, carte di identità e lasciapassare falsificati;
- i maschi validi che si troveranno in qualsiasi atteggiamento - senza giustificato motivo - nelle zone di combattimento.
3°) - A partire da oggi nell’intera Provincia di Lubiana, saranno rasi al suolo:
- gli edifizii da cui partiranno offese alle autorità e truppe italiane;
- gli edifizii in cui verranno trovate armi, munizioni, esplosivi e materiali bellici;
- le abitazioni in cui i proprietari abbiano dato volontariamente ospitalità ai rivoltosi.
- Sapendo che fra i rivoltosi si trovano individui che sono stati costretti a seguirli nei boschi, ed altri che si pentono di aver abbandonato le loro case e le loro famiglie, garantiamo salva la vita a coloro che, prima del combattimento, si presentino alle truppe italiane e consegnino loro le armi.
- Le popolazioni che si manterranno tranquille, e che avranno contegno corretto rispetto alle autorità e alle truppe italiane, non avranno nulla a temere, nè per le persone, nè per i loro beni.
gen. Roatta, Lubiana luglio 1942 - XX

Nota del Generale Robotti
Al Capo di Stato Maggiore Galli,
chiarire bene il trattamento dei sospetti, perchè mi pare che su 73 sospetti non trovar modo di dare neppure un esempio è un po’ troppo.
Cosa dicono le norme della 3° circolare, e quelle successive ?
Conclusione :
SI AMMAZZA TROPPO POCO !

“La ignobile aggressione alla Grecia obbliga i comandi italiani in difficoltà a chiedere l’intervento della Germania, mettendo così fine alla illusione della “guerra parallela”. Nel 1941, dopo un criminale bombardamento su Belgrado, che viene rasa al suolo, Tedeschi, Ungheresi e Italiani invadono la Jugoslavia, occupandola completamente in poche settimane.
All’Italia spettano: l’intera costa dalmata, parte del Montenegro, quasi l’intera Slovenia e la Croazia, sotto forma di protettorato.
La Slovenia viene annessa, e diventa la provincia di Lubiana. La Croazia diventa un regno “indipendente”, con primo ministro Ante Pavelic, un fascista feroce e sanguinario, amico di vecchia data di Mussolini, e come Re un cugino di Vittorio Emanuele III, Aimone di Aosta. Il partito fascista e razzista croato, gli Ustascia, formato da fanatici religiosi (cattolici) e nazionalisti, appoggiati dal vescovo di Zagabria e primate di Croazia Stepinac, intraprendono fin da subito una opera di pulizia etnica nei confronti di Serbi e altre minoranze, spesso spalleggiati dalle truppe italiane.
L’intera Jugoslavia diventa territorio di stragi e di crudeltà. Alla fine della guerra, sarà uno dei paesi che avrà pagato il più alto tributo di morti, da calcolarsi in circa 1 milione e mezzo di persone su 16 milioni di abitanti.”
Marco Ottanelli - democrazia e libertà

Ritengo che ricordare solo parte della storia sia uno di quei tentativi rozzi di quel revisionismo storico che tende ad appiattire la capacità critica che, invece, abbiamo il dovere di diffondere nelle nuove generazioni.
D’altra parte favorire giornate della memoria in cui viene strumentalmente alimentata la divisione del popolo italiano, che, ricordiamoci, solo nell’unità d’Italia e nell’antifascismo ha trovato le motivazioni per la condivisione della difesa della propria patria, non credo siano sufficienti a raggiungere questo obiettivo.
Per questo, per quanto nelle mie possibilità, mi impegno personalmente ad organizzare una conferenza sulle vicende legate alle stragi avvenute dopo la caduta del fascismo, in cui siano affrontati anche i temi legati alle foibe, da testimoni, storici e studiosi.

Giovanni Dani

giovedì 12 febbraio 2009

DAL CAMPO DI RENICCI

Ti scrivo amore mio
Con un pezzo di carbone
Salvato da questo fango
Di questa prigione.
Mi hanno portato via
Dopo la loro invasione
Colpevole di resistenza
Perché non voglio un padrone.

E i compagni stanno morendo
Abbandonati in questa grande terra
Dove si parla italiano e non capisco
Cosa abbia fatto di male
Grande come la mia paura
Quella di non rivedere un giorno i miei figli
O i tuoi capelli da accarezzare.
Lontano dalla mia Lubiana
Non sento le onde cantare
L'odore del mare Adriatico
E i pescatori chiamare.

I soldi che mi hai mandato
Nascosti nei gusci di noce
Incollati come il mio destino
Alla canna del mio carceriere.
E i compagni che stanno morendo
Lasciati in questa grande terra
Vicino al fiume lento che scorre giù a Roma
Lento come il passare del tempo
Di questo tempo che semina odio
Che nessun vento saprà mai spazzare
Non ci saranno giorni per continuare.

Ti scrivo amore mio
Non mi dimenticare
Se volerò nel vento
Potrò anche ritornare.

Il campo di Renicci di Anghiari è un non luogo. Uno di quei posti dimenticati dalla storia ufficiale perché scomodo, Noi lo ricordiamo nei giorni in cui i mai pentiti nipoti di una storia terribile ricordano le vittime delle foibe, senza ricordare il perché di quella tragedia e le stragi e le oppressioni fasciste nella ex jugoslavia (Slovenia in particolare)

Il campo di concentramento di Renicci di Anghiari, nella frazione di Motina in provincia di Arezzo fu ufficialmente costituito nell’ottobre 1943 per ospitare internati slavi, per lo più deportati dalla Slovenia e dalla Croazia, raccolti qualche mese dopo l’invasione di tali regioni da parte delle truppe italiane. Esso restò in funzione fino al settembre 1943, quando la notizia dell’armistizio fece fuggire gli uomini di guardia, e dopo di essi, i prigionieri. Dell’esistenza del campo, che tra quelli costruiti in Italia durante il regime fascista, si distinse per la gravità delle condizioni di vita e l’alta mortalità degli internati, sono rimaste pochissime tracce. Tra le quali uno studio di cura di Stefania Berizzi, Simone Duranti, Valeria Galimi e Valentina Piattelli.

sabato 7 febbraio 2009

Leggi razziali, a volte ritornano

Sono passati pochi giorni dal 27 gennaio, "Giorno della Memoria", istituito con una legge del 2000, «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei». In occasione del Giorno della Memoria, la legge richiede che siano organizzate iniziative ed incontri, in particolare nelle scuole, «in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia, affinché simili eventi non possano mai più accadere».
Malgrado il giorno della memoria, noi rimaniamo un popolo di smemorati, tanto da non renderci conto che le leggi razziali sono tornate. Sono tornate in pompa magna, con tanto di deliberazione parlamentare ed è tornato lo stesso linguaggio di discriminazione (fino all'eccitazione all'odio razziale) da parte dei capi politici che additano i gruppi sociali più deboli (immigrati, Rom, senza casa) come capro espiatorio del crescente disagio sociale.
Dall'avvento del nuovo governo, i semi delle leggi razziali sono stati distribuiti un po' dovunque nelle pieghe della legislazione e dei provvedimenti governativi (per esempio la schedatura dei bambini Rom), ma con la legge che approva, al Senato, la seconda parte del pacchetto sicurezza, non sono soltanto i semi della discriminazione verso i gruppi sociali più deboli che vengono diffusi nell'ordinamento, sono gli stessi specifici istituti previsti dalle leggi razziali del '38 ad essere riesumati. E' cambiato soltanto l'oggetto della discriminazione.
Con il Regio decreto legge del 17 novembre 1938 (provvedimenti per la difesa della razza italiana) furono introdotte nell'ordinamento una serie di misure persecutorie, la prima della quali consisteva nel divieto dei matrimoni misti (art. 1: «Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito»). Adesso è tornato lo stesso divieto. Il disegno di legge sulla sicurezza votato dal Senato, prevede (art. 39, comma 1, lett. f, e art. 5) l'impossibilità giuridica per gli stranieri, che non siano titolari di un permesso di soggiorno in corso di validità, di contrarre matrimonio. Il che significa che, sia pure in modo mascherato, è stato reintrodotto nel nostro ordinamento il divieto dei matrimoni misti (fra cittadini italiani e cittadini extracomunitari in condizione di irregolarità amministrativa).
Nel luglio del 1938 fu istituita, presso il Ministero dell'Interno, la Direzione generale per la Demografia e la Razza (Demorazza), con il compito di provvedere al censimento della popolazione ebraica presente in Italia, e quindi di mantenere ed aggiornare un registro degli ebrei. Adesso è ritornato lo stesso istituto, rivolto ad una speciale categoria di soggetti deboli: l'art. 44 del disegno di legge sulla sicurezza prevede l'istituzione presso il Ministero dell'Interno di un registro dei senza casa. A cosa serve un registro dei clochard? La storia ci insegna che il registro degli ebrei fu molto utile alle SS, che trovarono gli elenchi già pronti. Forse un domani il registro dei clochard potrebbe tornare utile alle ronde che lo stesso provvedimento di legge istituisce (art. 46) per contribuire al presidio del territorio. Magari potrebbero utilizzarlo per bonificare il territorio.
Ma la fantasia dei legislatori leghisti del nostro tempo si è spinta anche oltre gli istituti previsti dalle leggi razziali. Infatti, il fascismo aveva consentito ai genitori di razza ebraica di conservare la patria potestà sui figli, prevedendo che potessero perderla soltanto in un'ipotesi inverosimile, vale a dire nel caso che, qualora i figli appartenessero a religione diversa da quella ebraica, i genitori pretendessero di impartire loro una educazione non corrispondete ai principi religiosi dei figli o «ai fini nazionali» (art. 11 del Regio decreto 17 novembre 1938).
Con la nuova legislazione, gli appartenenti alla razza degli immigrati extracomunitari, non dotati di titolo di soggiorno, non possono compiere atti di stato civile. Questo significa che una donna che partorisce non potrà riconoscere il proprio figlio naturale, che nascerà come figlio di nessuno, e quindi verrà tolto alla madre naturale ed affidato ad un istituto. Per fortuna che la difesa della famiglia è al primo posto nell'agenda politica di questa maggioranza, clericale e timorata di Dio, altrimenti chissà cos'altro avremmo dovuto aspettarci.
Del resto non dobbiamo preoccuparci più di tanto, i nostri leader politici sono contrarissimi alle leggi razziali (del fascismo): abbiamo dimenticato i viaggi di Veltroni ad Auschwitz?

Domenico Gallo
(da Liberazione)

giovedì 5 febbraio 2009

Raccolta differenziata "porta a porta"? Gli amministratori rimangono nel cassonetto.

E' passata l'ennesima scadenza dichiarata dall'Amministrazione per avviare la raccolta "porta a porta".
La campagna di informazione rivolta ai cittadini, necessaria per l'avvio delle nuove modalità di raccolta dei rifiuti, rinviata a settembre, poi a novembre ed infine entro gennaio, indispensabile anche per il trasferimento dei finanziamenti provinciali, non parte.
Il Comune ha affidato la campagna di sensibilizzazione ad una società senza neanche prendere in considerazione la nostra Multiservizi, come altri comuni anche a noi vicini hanno fatto, per impiegare giovani locali.
L'Ama, fautrice del progetto, sembra ora dichiarare che il costo da affrontare è eccessivo.

Eppure fu proprio l'AMA a stimare tali costi. Le perplessità sull'AMA, già espresse dai Consiglieri Dani e Rocchi nel momento della decisione di darle l'incarico della raccolta "porta a porta" sembrano confermate da questo inspiegabile ritardo.

Insomma questa Amministrazione fa dichiarazioni di grande operosità ma il prodotto è il nulla. Un impegno determinato a parole, ma assai superficiale e di apparenza.

Speriamo che non si seguano le modalità della variante alle norme urbanistiche venute alla luce dopo 9 mesi di lavoro dell'assessorato per poi dichiarare di non aver avuto il tempo di elaborare i grafici necessari alla diminuzione degli indici di cubatura. Con la dichiarazione in Consiglio Comunale, così ingenua quanto vera, di aver preparato le norme perché incalzati dalla minoranza e dalla stampa. Il timore sono anche le lobby interessate all'incenerimento dei rifiuti, che sembrano condizionare la nostra Amministrazione. Gli obiettivi virtuosi supportati dalla "porta a porta" necessitano di impegni all'altezza delle amministrazioni locali europee; ne va della credibilità dei nostri amministratori ma quel che è più grave anche della credibilità della differenziata di qualità, unica modalità per evitare l'emergenza rifiuti anche nel nostro territorio.

Chi ben comincia è a metà dell'opera... chi non sa cominciare parte male, o come nel caso della nostra città... non parte proprio!!!

Partito della Rifondazione Comunista

circolo "M. Benedetti Michelangeli"

Santa Marinella