Pubblichiamo un botta e risposta pubblicato da Liberazione tra un lettore (dirigente del PRC) e il direttore.
Ricordiamo che Liberazione è il quotidiano del PRC, è un giornale comunista per sua stessa ammissione. Il suo direttore sembra invece non esserlo mai stato...
Dibattito «Caro direttore, sono comunista senza alcun dubbio». «Ma a me dirmi comunista non basta più…»
Caro direttore, a parte il fatto che è alquanto strano che il direttore di un giornale comunista, organo di un partito comunista (cioè del Prc), non sappia se è comunista o no perché «la storia ha deformato questa parola» (come risulta dall'intervista da te rilasciata per l'edizione del "Corriere della sera" del 15 agosto), sappi che per tanti (a partire dalla grande maggioranza - mi auguro - degli iscritti al Prc e dei suoi dirigenti), essere comunista o meno non è, come tu dici nella stessa intervista, «un dibattito vecchio». Io - nonostante altrettante persone pensino che il comunismo sia stato una gran brutta cosa - sono comunista senza dubbi di sorta. E sai perché lo sono? Perché essere comunisti significa voler cambiare il mondo. Semplicemente. E, anche, perché il comunismo non è ancora stato realizzato in nessuna parte del mondo, sebbene ci siano stati diversi governi di comunisti, il più importante dei quali - tra l'altro - diceva di stare costruendo il socialismo nel paese, che, all'epoca della Rivoluzione d'Ottobre, era il più arretrato d'Europa. Insomma: sono comunista perché si tratta di organizzare la società in modo ben diverso da come è organizzata attualmente, in un contesto in cui vigono le leggi capitalistiche (materiali, in primo luogo, ma anche quelle scritte). Essere comunisti significa eliminare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e cioè che di fronte al lavoro sociale debba corrispondere la proprietà sociale, non privata. La proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, in base alle leggi attuali, dà infatti "diritto" ad appropriarsi dei profitti, prodotti dal lavoro di tutti. Essere comunisti significa, alla fin fine, non produrre più merci, ma beni d'uso e di consumo in misura tale che, per quanto io intenda accaparrarmene, ciò non andrà a detrimento di nessuno. Ciò comporterebbe un grande sviluppo delle forze produttive (e niente disoccupati, e una grande crescita della tecnica e delle tecnologie) perché occorrerebbe produrre tanta ricchezza. (Tanti credono che la giustizia sociale consista nell'impoverire i ricchi e nell'arricchire i poveri, così come tanti credono che essere comunisti significhi essere dei miserabili che vogliono dividere equamente la miseria e tanti si meravigliano se qualcuno, pur non essendo povero, sia comunista). Cioè, non deve più accadere che io non possa avere qualcosa perché non ho i soldi: devo poter avere tutto, senza nemmeno bisogno del denaro (è una merce anche quello, anzi, la merce delle merci). In questo modo, sparirebbero anche i ladri… Soprattutto non ci sarebbero più le guerre e, finalmente, potrebbe veramente scoppiare la pace in tutto il mondo! Ecco cosa significa essere comunisti: creare un mondo di pace e pieno di ricchezza tanto da soddisfare tutti. Sono comunista, quindi, senza nessun dubbio. Certo, non nel senso che gli attribuiscono i Berlusconi (gli anticomunisti viscerali) del mondo, ma nel senso che non si può non prevedere (o quantomeno sperare) che l'umanità tutta - dopo aver scalato diversi livelli (dalle comunità primitive alle società schiaviste; dallo schiavismo al feudalesimo; dal feudalesimo al capitalismo) - non debba salirne un altro: dal capitalismo al comunismo (la cui prima fase è sempre stata chiamata socialismo). Per questa ragione, un partito comunista è una necessità storica. Altrimenti, il capitalismo si rigenererebbe continuamente dalle macerie che esso stesso provoca con le guerre ricorrenti e costituenti della sua esistenza. Esso prima distrugge e, poi, per riprodurre se stesso, ricostruisce con le sue stesse leggi. Ma questo è un gioco che potrebbe sfuggire di mano (invece di guerre regionali, guerra mondiale; invece di armi convenzionali, bombe atomiche; invece di guerra tradizionale, guerra nucleare…) ed esso potrebbe portare all'autodistruzione di tutta l'umanità. Sì, caro direttore, sono comunista senza alcun dubbio. Sono convinto che il comunismo non solo sia una necessità storica, ma sia una necessità vitale. Cordiali saluti,
Gilberto Volta presidente del Collegio di Garanzia della Federazione di Bologna
A me, invece, dirmi comunista non basta più. Sono anche femminista, sono ambientalista, sono pacifista, sono libertario, sono democratico, sono laico, faccio parte del movimento dei gay, sono antiproibizionista... E sono anche pieno di dubbi. Non credo, però, Gilberto, di essere molto meno anticapitalista di te. E anch'io ho una discreta voglia di cambiare il mondo. Anche se ho molte meno certezze di te, e non me ne vanto né me ne vergogno. Con affetto,
Piero Sansonetti
Chiaramente io parteggio per Gilberto Volta: sono comunista e quindi sono anche femminista, sono ambientalista, sono pacifista, sono libertario, sono democratico, sono laico, faccio parte del movimento dei gay, sono antiproibizionista...