di Daniela Preziosi
su il manifesto del 10/04/2010
Arriva la prima nomina di Renata Polverini nel Lazio, è la più esplicita riedizione dei fasti di Francesco Storace, e il centrosinistra che dice? Prego si accomodi, esibisce «responsabilità istituzionale», ipotizza persino un voto favorevole. E il paradosso è che siccome il nominato in questione è Domenico Gramazio, notabilissimo della destra nera dai tempi del Msi e grande manovratore della sanità laziale, persino Storace in persona si imbufalisce e chiede - e ottiene - un incontro con Silvio Berlusconi in persona: qualcuno in campagna elettorale gli aveva fatto capire che quella poltrona spettava a uno dei suoi.
La vicenda: Lucio D'Ubaldo, cattolico Pd parrocchia Fioroni-Marini, braccio destro di Emma Bonino in campagna elettorale (con un finale di freddezza però) è presidente dell'Asp, l'agenzia regionale della sanità, 200 lavoratori, quasi la metà dirigenti e quasi la metà a contratto. Si tratta di un braccio operativo che fa da ufficio di statistica e programmazione: in pratica da lì escono i numeri su cui poi l'esecutivo decide i tagli, le convenzioni, gli accreditamenti. All'indomani della sconfitta del centrosinistra, D'Ubaldo si dimette dall'incarico. Fin qui niente di ché, solo prassi e buona creanza. Polverini fa sapere che l'incarico sarà, almeno fino a dicembre, di Gramazio, già presidente nell'era Storace, fra gli uomini-chiave di quella gestione della sanità, quella del buco milionario su cui in campagna elettorale si sono segnalati scontri epici tra schieramenti. «Non facciamo ritornare quelli», era il refrain di Emma Bonino.
Gramazio torna. Ma non ha i voti, perché nell'attuale cda dell'Asp il centrodestra è minoranza. Allora D'Ubaldo ipotizza un voto positivo «tecnico», il suo, «che non ha valore politico ma istituzionale, legato all'espletamento delle funzioni importanti che l'agenzia esercita in questa fase transitoria delicata». Nella scorsa tornata Gramazio, uscente, si era astenuto su D'Ubaldo. Fra i due, sono in molti a sostenerlo, c'è da anni in corso in minuetto amicale fatto di nomine (D'Ubaldo ha favorito l'attuale Gabriella Guasticchi, An, alla direzione Asp), l'altro stavolta assicurerebbe una transizione dolce ai collaboratori di D'Ubaldo.
Clamoroso, anche al netto dei boatos. La sanità dell'era Storace è un nube opaca con inchiesta ancora in corso. Punta di iceberg, il caso di Lady Asl, 80 milioni di furto ai danni dei cittadini e tre assessori arrestati, uno già condannato. Sull'inchiesta un consigliere uscente Pd, Alessio D'Amato, ha fatto persino un film. D'Amato non può credere che ora uno dei suoi dica sì a Gramazio: «Vergognoso. E non si evochino ragioni istituzionali: l'Asp è un'agenzia tecnica, mica una giunta o un parlamento». Fra i nuovi eletti Pd in regione scatta la riunione. E la rivolta. Attacca Enzo Foschi: «Qualcosa non quadra. Il Pd, dopo aver fatto una campagna elettorale sui temi della sanità dura e netta, non vota Gramazio, uno dei protagonisti della tragica gestione Storace. Chi lo fa, agirà per proprio tornaconto, ponendosi, dunque, fuori dal partito». Richiesta di espulsione, dunque. Esterino Montino, già reggente della regione del post-Marrazzo, suona ironico quando dice «apprezzo la sensibilità istituzionale di D'Ubaldo» e però «l'attuale cda non può risolvere un problema che è di competenza del consiglio regionale, non ancora insediato. Si attenda l'insediamento. Nel centrosinistra non ci possono essere fatti né atteggiamenti che diano la sensazione di inciucio».
D'Ubaldo, che è democristiano di lungo corso, replica. E rivela il «problema politico» che sta esplodendo nel Pd del dopo-Bonino: idee diverse di opposizione, una segreteria regionale sulla graticola, un'area centrista (fatta anche di ex Udc ed ex forzisti) attirata dalla sirena Pdl: «Ma quale inciucio. Se non mi fossi dimesso avrei dato la sensazione che volevo occupare abusivamente un posto, dopo la sconfitta. Su, cerchiamo di essere chiari: mi si chiede di favorire lo stallo dell'Asp e il suo commissariamento? Sarei contrario: il Pd è il partito del rigore e della responsabilità, tanto più nella sanità». Quanto alle garanzie ai suoi collaboratori, aggiunge, tutte balle: chi è a contratto sa che non sarà confermato, gli altri manterranno il lavoro ma saranno spostati. Beppe Fioroni, altro notabile della sanità laziale, lo difende «Si pone un problema politico nel Pd: quale opposizione vogliamo fare? Costruttiva e di rispetto istituzionale, visto l'importanza che riveste la salute dei cittadini, o i muro contro muro e del 'tanto peggio, tanto meglio». Il cda oggi si è riunito, e non sapendo che fare, è stato ricevuto da Polverini. E riaggiornato a lunedì.
domenica 11 aprile 2010
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