martedì 1 giugno 2010

Il messaggio di Israele al mondo: prevaricazione, oppressione e morte

Forse lo sapevate anche prima. Bene, ora lo sapete ancora meglio, ancora di più: nessuno può stabilire relazioni con i palestinesi a Gaza, nessuno può portare uno straccio di aiuto a Gaza. Nessuno può portare generi alimentari o di altro conforto a persone che sono sotto embargo e assedio da troppo tempo. La flotta dei pacifisti che si stava dirigendo lì è stata attaccata dalla marina israeliana. Il termine “attaccata” non è improprio perchè definisce molto accuratamente il tipo di abbordaggio e di blocco fatto nei confronti dei pacifisti. In un semplice respingimento al largo non si provocano 19 morti e 30 feriti. Tutti civili, tutte persone, di differenti nazionalità, che sotto bandiera turca e sotto altre bandiere stavano provando a dire al mondo che Gaza non ce la fa più, che sta esplodendo, che la situazione disumanitaria della striscia palestinese è al collasso e ne può venire fuori un conflitto nuovamente sanguinoso che si può evitare, che Israele per primo può evitare.
Ma Israele, a quanto pare, non ha alcuna intenzione di dialogare con i palestinesi e nemmeno con i pacifisti che vorrebbero provare a fare da trade union tra le due parti. I commandos istraeliani hanno messo in essere una vera e propria strage di civili, quasi tutti di nazionalità turca. Di risposta, il governo di Ankara ha già richiamato il suo ambasciatore in Israele, rompendo le relazioni con lo stato ebraico. Le cancellerie europee hanno mandato messaggi di protesta a Tel Aviv e persino i governi più amici di Israele chiedono una inchiesta in merito.
Siamo ancora una volta in presenza di un disprezzo completo verso i palestinesi, verso i loro amici, verso semplicemente quelle organizzazioni non governative che vanno in aiuto delle popolazioni che soffrono occupazioni militari, embarghi e ogni altra sorta di restrizione della libertà.
L’uso della forza militare contro queste organizzazioni mostra non solo la prepotenza israeliana verso una flotta di pacifisti, ma mostra anche una debolezza: quella di intravedere un elemento di generazione di instabilità in qualunque azione nasca e cresca in favore della Palestina, tanto di Gaza quanto della Cisgiordania.
Israele teme soprattutto la simpatia internazionale per la situzione di crudeltà a cui sottopone ogni giorno gli abitanti di Gaza, privati non solo dei più elementari diritti civili, sociali e, si potrebbe tranquillamente dire, di quelli fondamentali che spettano ad ogni essere vivente. Israele teme di più questa solidarietà internazionalista che forse un attacco di Hamas. E per questo manda la sua marina contro la flotta della pace e non si limita a dare ordini di blocco delle navi. I soldati salgono a bordo, sparano e uccidono.
E’ una spirale di odio e di violenza che è destinata a durare nel tempo, che si alimenta proprio così, con questi innocenti morti per un gesto di pace, morti anche per Israele, per restituirgli un equilibrio democratico che ha dimenticato nella lotta incessante contro i palestinesi.
La strage della flotta della pace ricorda molto le azioni di violenza di un tempo: il paragone serve solo a mettere in relazione violenza con violenza. Sabra e Chatila non sono poi, putroppo, così distanti. E il lupo avrà cambiato il pelo, ma non ha perso il suo vizio: prevaricazione, oppressione e morte. Questo è il messaggio che Israele manda, ancora una volta, al mondo.

MARCO SFERINI

www.lanternerosse.it

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